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29 maggio 2011

La felicità secondo Benigni è una satira che fa pensare

 
 Il comico a Pesaro grande protagonista del Festival Battute a raffica su Berlusconi e l’incontro con Obama
MARINELLA VENEGONI

PESARO
Non bisogna dimenticarsene mai della felicità, è bello essere amati per quello che si è, non per quello che si ha. Berlusconi le sue donne lo amano per quello che è, ricco». Non era difficile prevedere che Roberto Benigni, piatto forte ieri sera del neonato Festival della Felicità, si avventasse sul premier che nei giorni scorsi gli ha offerto formidabili assist: un’esplosione di battute di ritmo serratissimo, quasi mangiandosi le parole.

«So che stavate aspettando Gigi D’Alessio, ho visto il suo spettacolo in tv, con Berlusconi e la gente in piazza Plebiscito che entusiasta ha acceso i sacchetti della spazzatura». Ma l’ispirazione tornava sempre al G8, al colloquio con Obama: «Silvio sembrava Alberto Sordi, ha fatto il primo giro ed è tornato indietro perché non era il momento, poi si è riavvicinato. Avevo il terrore che gli raccontasse la barzelletta della mela. Gli avrà detto anche, a Obama, che Gheddafi è nascosto alla Procura di Milano: “Vallo a bombardare, ma direttamente, lì sul posto"».

Ai pesaresi ha ricordato Rossini: «Voi sarete stanchi di sentirne parlare, ma pensate ad Arcore, fra 300 anni: "Scusi, per la casa di Berlusconi?", e la risposta: "Passi per via nipote di Mubarak, prosegua per largo D’Addario, arriverà al parco Apicella ma stia attento che c’è il cimitero Boccassini, e l’obitorio Toghe Rosse». Rivoli d’invenzione continui: «Si sbaglia, B, fa gaffes. E’ andato da Sarkozy e ha chiesto di quanti mesi era incinta la Lewinsky».

Con l’annuncio che «Il Festival da lunedì verrà spostato a Milano e durerà 5 anni», un pensierino è andato anche a Bossi: «La Lega vuol trasferire non solo i ministeri, ma portare il Colosseo a Cuneo: che si chiama teatro Flavio, perché lo ha fatto il nonno di Briatore». Il Festival della Felicità non poteva che nascere a Pesaro, una delle provincie italiane con il più alto livello di benessere.

Il BIL (benessere interno lordo), che alcuni sognatori vorrebbero cominciare ad affiancare al più arido e classico PIL. Felicità è anche quella di Albano, ha ricordato Benigni, che ha speso 4 giorni a Pesaro per entrare in tema e ha voluto incontrare una gloria indigena, Valentino Rossi, di Tavullia, cittadina del Pesarese ora meta di pellegrinaggi sportivi grazie al suo successo planetario (l’inventore del Festival della Felicità, il presidente della Provincia Matteo Ricci, ci aprirà presto un ufficio turistico). Simona Ercolani, direttore artistico della kermesse, racconta l’incontro: «Benigni ha spiegato a Valentino che ci sono state le elezioni, e che ci sono i ballottaggi. Rossi gli faceva domande su domande, e diceva: "E’ da tanto che non provavo simili emozioni"».

Anche Valentino Rossi ha cominciato a porsi domande sul BIL, l’indice di benessere che sta entrando nei nostri pensieri, mutuato da un discorso del ’68 di Robert Kennedy, ispiratore della bellissima idea di questo Festival. Ieri, il pomeriggio delle riflessioni in piazza era stato aperto da Kathleen Kennedy, primogenita dello statista assassinato, che a una platea paciosa e attenta ha rivolto domande impegnative: «Che cosa ci fa sentire contenti? In base a cosa giudichiamo una nazione?». Poi, è finita su un nostro nervo scoperto: «Credo che non dovrebbe esserci nessuno in grado di controllare le tv di un paese. Questo è il vostro problema». E quando le hanno raccontato le confessioni del nostro Presidente a Obama sulla dittatura di sinistra dei PM, ha riso: «Democrazia non vuol dire avere solo le elezioni; è fondamentale anche che ci siano i giudici, e che tutti rispettino lo stato di diritto».

Per parlare di felicità, la Provincia di Pesaro ha voluto interrogare gli italiani, attraverso la Ipsos di Pagnoncelli: un panel di mille persone, dalla Val D’Aosta alla Sicilia. Risultati non troppo rallegranti, o felicitanti. Solo per dare uno sguardo d’insieme sull’ultimo anno, il 64% del Paese pensa che la situazione politica sia peggiorata, il 44 vede peggiorato lo stato sociale, dall’assistenza alla scuola alla sanità; il 49 ritiene in discesa lo stato di ambiente, energia, inquinamento, rifiuti; ben il 70%, infine, vede nero sull’occupazione, il lavoro, lo sviluppo economico, il costo della vita, le tasse e le infrastrutture. Però il 61% si dichiara felice, pur pensando che gli italiani (gli altri) lo siano ben poco (11%). In effetti, le idee sono confuse, ed è tempo di cominciare a tarare il concetto di felicità. Non si sa mai. 
Fonte: www3.lastampa.it

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